Mother Mesccia, quello che è stato rinominato il rum del Principato di Monaco: da un’idea del Principe Albert II con il prezioso supporto di Luca Gargano, patron di Velier. Un progetto di cui si è parlato molto negli ultimi mesi e che ho avuto la fortuna di assaggiare in anteprima, quando ancora era in fase di definizione. Ora è finalmente arrivato sul mercato.
Packaging e Identità
Del progetto vi ho parlato ampiamente nell’ultimo articolo, qui voglio soffermarmi sul come si presenta questo rum.
Non dimentichiamoci che stiamo parlando di un prodotto che esce dalla distilleria del Principato di Monaco, e questo dettaglio ha influenzato sicuramente anche il modo in cui è stato pensato esteticamente.
La confezione è super elegante pur mantenendo una certa essenzialità. I colori richiamano il sigillo del Principato, che ritroviamo anche sull’etichetta. La bottiglia, cilindrica con spalle larghe e vetro spesso, trasmette un’idea di artigianalità e trasparenza, valori che rispecchiano perfettamente l’impronta di Luca. Il tappo in vetro con guarnizione, infine, è quel dettaglio in più che dona raffinatezza.
Che dire, tutto molto bello e la bottiglia fa la sua gran figura, però ho un piccolo appunto: aprire la bottiglia di Mother Mesccia è davvero complicato. La guarnizione fa fin troppo bene il suo lavoro.
Mother Mesccia e la Filosofia HoGo
In questi giorni mi è capitato di ascoltare un’intervista a Luca Gargano in cui ha introdotto il concetto di HoGo. Una parola che lui ha riassunto con: “figo”. Luca non parla mai a caso. Questo termine, breve e diretto, lo sentiremo spesso nei prossimi mesi. Così ho voluto approfondire.
Il primo a usare “haut goût”, da cui deriva HoGo, fu Auguste Escoffier, il padre dell’alta cucina francese. Indica quel sapore profondo, complesso, che non si dimentica. Non solo “buono”, ma carattere, intensità, profondità. Quello che riconosci in un gorgonzola ben fatto, in un brodo vero, in una selvaggina che ha riposato il giusto.
Mentre ascoltavo Luca parlare di HoGo, mi sono venuti in mente i suoi Triple A: artigiani, agricoltori e artisti. E subito dopo, Haiti. Quella dei Clairin, delle fermentazioni spontanee, della canna da zucchero Crystalline che, guarda caso, è il cuore di Mother Mesccia.
E poi ancora, il progetto Sipping 2.5: un’iniziativa culturale di Velier mirata a valorizzare il consumo di distillati di alta qualità, enfatizzando l’arte e l’abilità umana nella loro creazione. Fiore all’occhiello di questa iniziativa, il calice da degustazione Gargano & Neisson.
E quindi, sì: per degustare Mother Mesccia ho scelto questo bicchiere. Mi sembrava il modo più naturale, coerente, inevitabile per ascoltare un rum che nasce già dentro questa visione.
Mother Mesccia Review
Tutto parte ad Haiti, a Saint-Michel de l’Attalaye, dove la canna da zucchero Crystalline (una varietà autoctona non ibridata) viene coltivata senza chimica, raccolta a mano e pressata in loco. Il succo fresco di canna subisce una lunga fermentazione con lieviti selvaggi, per poi essere distillato in alambicco pot still Müller da 380 litri a bagnomaria, nella distilleria di Michel Sajous, figura chiave del mondo Clairin. Da qui nasce un semilavorato con una gradazione di circa 30% abv che viene trasportato nel Principato di Monaco per una seconda distillazione presso la Distillerie de Monaco, sotto la guida del master distiller Philip Culazzo. Ancora una volta, alambicco pot still Khote. In questa fase si procede al taglio di teste e code e si modella il profilo finale del distillato, poi ridotto a 47% abv. Nasce così Mother Mesccia: la madre di quello che poi sarà il prodotto invecchiato.
In etichetta è indicato Pure Single Rum, anche se considerando la vecchia classificazione di Luca Gargano, siamo di fronte ad un Pure Single Agricole Rhum. Il regolamento europeo sui distillati vieta di associare in etichetta le parole “agricole rhum” a prodotti non realizzati secondo specifici criteri. Io continuerò a utilizzarlo nella mia scheda tecnica, per distinguere questo rum da quelli prodotti a partire da melassa (Pure Single Rum se distillati in pot still).
Caratteristiche
Mother Mesccia si presenta con un colore cristallino, trasparente e lucente. Al naso emergono subito le note vegetali, accompagnate da sentori che ricordano olive verdi e agrumi freschi. Nessuno colpo di testa: tutto è molto equilibrato ed elegante. In bocca, al primo sorso, l’alcol (pur non essendo estremo) si fa sentire, per poi sparire con delicatezza lasciando spazio a note minerali e sapide. La componente vegetale resta ben presente. Non è un rum “grasso” ma piuttosto dritto, secco….sincero. Il finale è di media persistenza: il “grosso” svanisce abbastanza presto, ma rimane un’aromaticità salina e minerale che stimola la salivazione e invita al secondo assaggio.
È un rum con una propria identità. La seconda distillazione ha donato una certa eleganza e ordine, pur lasciando qualche spunto ruvido a ricordare le sue origini. Anche se si possono riscontrare delle similitudini con alcuni rum haitiani, qui lo stile è diverso: più composto, meno istintivo. I picchi aromatici a cui ci hanno abituati i Clairin qui sono smussati, riportati “nel recinto”. Anzi, nel finale, da lontano, mi ha ricordato certe grappe: pulite, dritte, rigorose.
Al mio palato piacciono “gli spigoli” ma Mother Mesccia merita di essere assaggiato, anche perché siamo all’inizio della sua storia. Se vuoi divertirti, provalo in una verticale con Clairin Sajous. Da non sottovalutare l’utilizzo in un Ti’ Punch.
Io nel frattempo attendo la, o meglio, le versioni invecchiate.